mercoledì 6 novembre 2013

The Declaration di Gemma Malley (La Dichiarazione)

The Declaration di Gemma Malley
Serie: The Declaration #1
Parole chiave: Dystopian, YA
Pagine: 320
Formato: Paperback
Editore: Bloomsbury
Data di pubblicazione: Novembre 2012
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The Declaration rappresenta il primo volume di una trilogia distopica conclusasi oramai da tempo in lingua originale: in Italia la serie non ha avuto altrettanta fortuna, dato che la Salani ha pubblicato unicamente il primo volume, per non dare poi più notizie dei romanzi successivi. Vista anche questa simpatica parentesi, la lettura in lingua inglese era pressoché obbligata.

Ci troviamo nel futuro e ormai da alcuni anni è stata firmata La Dichiarazione: a causa della sovrappopolazione della terra, dovuta alla scoperta delle Longevity drugs che impediscono a chi le assume di invecchiare e quindi morire, i governi hanno deciso di proibire a tutti i cittadini di avere figli. Coloro che contravvengono a questa legge vengono arrestati e la loro prole, in Inghilterra, viene mandata in strutture apposite, le Surplus Hall, dove i bambini vengono educati a servire e sottomettersi e dove viene fatto loro il lavaggio del cervello, portandoli a odiare i propri genitori e a sentirsi un'errore della Natura. Anna è uno di questi Surplus, un'eccedenza: ha quasi terminato la sua educazione presso Grange Hall e presto potrà andare a servire una famiglia di Legals. Le è ben chiaro il suo posto nel mondo e si attiene rigidamente a tutte le regole, incolpando solo se stessa e i suoi genitori per eventuali punizioni corporali. Il suo mondo ordinato però crollerà quando a Grange Hall arriverà Peter, un nuovo Surplus, che non solo non conosce né rispetta le regole, ma racconta anche un sacco di bugie: sostiene infatti di conoscere i genitori di Anna. Le persone che lei odia di più al mondo. Le persone che hanno fatto di lei quello che è, un Surplus.

Le premesse per un ottimo romanzo, come potete intuire dalla trama, c'erano tutte. In realtà il libro non mi ha convinto del tutto. Da una parte è un po' colpa mia: ho avuto pochissimo tempo per leggere in quest'ultimo periodo e così mi sono trascinata questo libro per più di una settimana. Quando mi trovo costretta a leggere "a spizzichi e bocconi", inevitabilmente non riesco a entrare completamente nell'atmosfera del romanzo e a farmi rapire. E quando poi le aspettative sono alte, ancora peggio. D'altra parte però ho riscontrato in questo romanzo alcuni difetti e alcune scelte narrative che non ho gradito.

Lo svolgimento della trama mi è apparso come troppo semplicistico: Anna è una ragazza che per quattordici anni ha subito praticamente il lavaggio del cervello, ma impiega davvero poco a fidarsi ciecamente di Peter così come successivamente ad adattarsi a nuove situazioni e nozioni che stravolgono completamente quello che per tutta la vita le è stato ripetuto sino allo svenimento. Ciò ha reso i personaggi poco realistici e superficiali, per non parlare di alcuni stereotipi che ricorrono nella narrazione (vogliamo parlare di Mrs Pincent?).

Inoltre la storia è prevedibile e quelli che dovrebbero essere i grandi colpi di scena in realtà lasciano il tempo che trovano: il finale ne è un esempio lampante, affrettato e "telefonato".

Il romanzo è comunque una lettura piacevole che ha il pregio di indurre il lettore a porsi domande sul futuro e sul valore della vita e della morte. Voi vorreste vivere per sempre? Privereste i giovani della possibilità di vivere per avere l'immortalità?

In definitiva, un romanzo carino, niente di più, consigliato a chi si avvicina al genere distopico e che quindi può rimanerne positivamente sorpreso.

incipit
11 January, 2140

My name is Anna.

My name is Anna and i shouldn't be here. I shouldn't exist.

But I do.

page69
*Si avvisano i lettori che la pagina 69 di un libro potrebbe contenere spoiler*


Hormone trials had been conducted years before to try and quell the Surplus boys' appetite and need for aggression, but they were found to diminish their strength and brute force, so were soon abandoned.
Anna no longer engaged in the games in her dormitory. She was, after all, a Prefect now and was too old for such things. But the truth was that being a Prefect was not the reason for her looking the other way when one or other Surplus girl was forced to experience new, fresh, horrors, the result of feverish planning by whoever was playing the game's "Legal". The real reason that Anna could not bear to watch the tormentor or tormented was that recently she had begun to lose her appetite for the infliction of pain; she no longer felt comforted by watching another being bullied or, indeed, by tormenting another Surplus herself; no longer enjoyed the brutality and desensitisation that went with it. The shrieks of delight as the chosen Surplus was subjected to some new, horrible punishment used to make her feel elated and relieved, because whatever horrors lay ahead in her life could never be this bad, could never devastate her as the "Legal" was devastating her slave for the night. But recently, Anna had begun to realise that the horror she faced in the life that lay before her was not in beatings, or humiliation. It was the horror if what they all were, what she was. Surplus. Unwanted.

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